Wilde indaga insieme ad Arthur Conan Doyle sui misteriosi omicidi del “Circolo di Socrate” che lui stesso ha istituito
Quella narrata in “Oscar Wilde e il gioco della morte” dal sempre bravissimo Gyles Brandreth, è una cena a cui in molti sognerebbero di partecipare.
In un famoso hotel di Londra, Wilde, che amava circondarsi di amici sinceri e persone interessanti, decide che una volta al mese si terrà la cena del “Circolo di Socrate”: con lui, fra gli altri ci sono gli amici Arthur Conan Doyle, Bram Stocker e Lord Alfred Douglas.
Oltre ai piatti deliziosi, è il vino abbondante e buonissimo a scorrere nei bicchieri, e così fa anche la fantasia di Wilde, sempre in cerca di stimoli intellettuali da sottoporsi e sottoporre. Lo scrittore, infatti, durante la prima cena, inventa un gioco dal titolo non proprio rassicurante: “Omicidio”.
Alla fine della serata ogni commensale, secondo le regole inventate dal padrone di casa, dovrà scrivere su un biglietto e in forma anonima il nome di una persona che vorrebbe uccidere (per scherzo, s’intende). Quando arriva il momento di leggere i nomi, Wilde scopre che fra i “nominati” si trova non solo il suo nome ma anche quello della moglie Constance.
Il giallo e le indagini di Wilde, discepolo fedele del brillante Sherlock Holmes di cui segue pedestremente il metodo grazie alla stima per l’amico Arthur, iniziano quando, una ad una e con cadenza regolare, le persone indicate nei foglietti del gioco iniziano a morire davvero, in circostanze sempre più sospette.
Il libro è godibile, fedele nella ricostruzione del personaggio di Wilde e efficace nel raccontare i retroscena, seppur romanzati, dell’amicizia fra Wilde, Doyle e Robert Sherard, (amico dello scrittore e voce narrante della storia). Unica nota dolente la lentezza della trama che a tratti si arena in svolgimenti non del tutto funzionali alla vicenda, come a voler un po’ “allungare il porridge”.
Nel complesso un giallo dai modi gentili, senza toni “splatter” e fortemente incentrato sullo svolgersi delle indagini da parte di Wilde e sull’accavallarsi degli indizi. Il libro, secondo della serie dedicata a Wilde e composta da tre titoli tradotti in Italia, è perfetto per gli amanti dell’età vittoriana, dei suoi stili, delle ambientazioni e anche per chi ama i finali a sorpresa (difficilmente capirete qualcosa durante la trama, fidatevi).
Ottimo da leggere in giornate di pioggia con tazza di tè Earl Grey d’ordinanza.
Consigliato: sì
Adatto agli sherlockiani: no
Da leggere più volte: si
Gyles Brandreth
Oscar Wilde e il gioco della morte
2008
Sperling & Kupfer
euro 8,00