La stanza di Sherlock

Miss Bee e il cadavere in biblioteca – Alessia Gazzola – recensione

Il primo giallo in salsa Agatha Christie dell’autrice italiana. Una nuova serie e una nuova protagonista italiana a Londra a cavallo fra anni Venti e Trenta.

Non avevo idea che Alessia Gazzola scrivesse libri così tanto romance, lo ammetto. “Miss Bee e il cadavere in biblioteca” è il primo romanzo che ho letto di questa autrice molto amata e i cui libri sono anche diventati delle serie tv.
Mi aspettavo qualcosa di diverso, questo è certo: forse l’operazione di Longanesi con questa bella copertina mi ha un po’ “deviata”. Sta di fatto che ho trovato questo romanzo una delle operazioni editoriali più furbe degli ultimi anni nell’ambito del giallo e della letteratura “leggera”.

Un frullato furbissimo

Immaginatevi una pozione magica i cui ingredienti sono: una storia gialla classica con un morto in una grande casa nobiliare dallo stile affettato, una protagonista femminile che deve ancora capire chi è ma sa già che “non è come gli altri”, dialoghi uomo-donna alla Bridgerton (e intendo sia la serie che i libri), ambientazioni londinesi anni Venti, un triangolo amoroso tipicamente enemies to lovers, protagonisti maschili super bononi del tipo moro apparentemente carino ma che vuole una cosa sola, biondo bastardello che sembrerebbe volerla ma invece è un cavaliere; aggiungete il poliziotto capo dagli zigomi “spigolosi” (pare vadano per la maggiore) che è troppo impegnato per pensare all’amore ma ce ogni tanto scivola, un pizzico di storia al femminile legata al tema del “segui i tuoi sogni e fai come ti senti against all odds ed ecco che avrete questo romanzo gazzoliano.

Fra i generi che vendono di più in Italia ecco il giallo e il romance, in più c’è il romance young adult (mescolato al fantasy) che è fra le sorprese maggiori in termini di tirature. Ecco dove si è diretta Longanesi insieme a Gazzola che ha una penna perfetta per questo. Se conoscete tutti i generi citati noterete il puzzle costruito bene dall’autrice siciliana, se invece non ne sapete nulla o ne avete letti pochi, ecco che il libro vi scorrerà come una Lemon Soda Mojto giù per il gargarozzo.

Trama in breve

Alla fine di “Miss Bee e il cadavere in biblioteca” (romanzo autoconclusivo) avrete un po’ voglia di sapere che cosa combinerà nel prossimo libro (Il principe d’inverno) Beatrice Bernabò, ragazza ventenne di origini italiane che vive con il padre professore e la sorella più piccola in una casa della media borghesia a Londra dopo essere scappata per allontanarsi dal fascismo che dilaga. C’è anche la sorella, Clara, che fa le veci della madre scomparsa, ma è già accasata con un tipo solido e sistemata (e sempre severa).
Beatrice incappa in un omicidio mentre è a cena da una donna dell’alta società, una sorta di zia ricca acquisita che è mamma di un tale Kit, biondo dalle buone maniere (forse) che ha puntato Bee e che le fa battere il cuore.
Come mai questo uomo proprietario di miniere di diamanti è stecchito sul pavimento della biblioteca? Ad indagare c’è il capo di Scotland Yard, Blackburn (anche lui bonone in stile Peaky Blinders). E poi arriva Jules, visconte ereditiere dalla pessima fama, amico di Kit, che sembrerebbe implicatissimo nella vicenda delittuosa.
Intrecci, segreti, delusioni, sguardi, dialoghi piccati e peperini. Piano piano Bee con la sua arguzia arriva alla soluzione del caso in parallelo con il poliziotto che ne segue i ragionamenti perché, sì, lei è fastidiosa e vuole dirimere la questione per motivi personali ma certamente è sveglia.

Com’è questo libro?

Non posso dirvi che si tratta di un brutto libro, anzi. Si legge benissimo ma non aspettatevi che al centro ci sia il giallo. Il delitto è un gancio per raccontare la storia delle palpitazioni amorose di Bee. Quello che non ho apprezzato personalmente è la necessità di seguire degli stereotipi di personaggi presi in prestito dalle strutture americane dei romanzi romance e che il personaggio femminile non è poi così interessante (molto meglio Clara e Octavia, ma cento volte). Vi lascia curiosità, vi intrattiene, è allegro e un po’ malinconico sui temi amorosi: insomma funziona, ma non brilla.