Nel 1992 Christian Jacq racconta in un romanzo la storia della scoperta della tomba del faraone fanciullo da parte di Howard Carter, ma questa storia racconta soprattutto la tenacia e il sogno di un uomo che non smise mai di puntare su sé stesso.
“Credi che Carter finirà per scoprire la sua celebre tomba?”
“Lui lo crede, ed è questo che conta”
Il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, durante la presentazione del suo ultimo libro “Alla ricerca di Tutankhamon” (Franco Panini Editore, 2023), ha messo in luce un aspetto della scoperta della tomba che ho trovato bellissimo. Howard Carter e Tutankhamon sono legati non solo dalla vicenda storica e incredibile (quasi la trama di un film) che li legò per sempre an partire dal novembre del 1922, ma anche dal destino che li accomuna. Carter sulla carta non aveva nemmeno una chance di carriera nel campo dell’egittologia, nuova disciplina che muoveva i primi passi fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. La sua non era una famiglia ricca, la sua formazione era tutt’altro che classica e non aveva fondi per pagarsi “un posto al sole” (è proprio il caso di dirlo) fra i primi scavi in terra egiziana. Dall’altra parte, Tutankhamon salì sul trono intorno ai 9 anni e il suo regno fu quello della transizione dall’eresia amarniana di Akhenaton al ripristino del culto classico ma, probabilmente per volontà politiche, il suo nome e la sua storia furono quasi cancellate: fu, insomma, sostanzialmente un faraone minore. Eppure entrambi verranno ricordati per sempre come l’archeologo e il faraone più famosi del mondo. Insomma: due outsider veri divenuti poi protagonisti assoluti.
Questa è la storia che Jacq racconta nel suo romanzo.
“L’affare Tutankhamon” narra, infatti, la storia di Howard Carter, è lui il protagonista assoluto della narrazione di Jacq che ne dipinge soprattutto il lato umano, mescolando il tutto con la solita accuratezza storica data dalla sua formazione (Jacq, infatti, è egittologo laureato alla Sorbona di Parigi). Lo stile è esattamente quello che troviamo anche nei romanzi che lo hanno reso celebre (e miliardario): trama avventurosa, dialoghi asciutti e poco tridimensionali, personaggi ben delineati fra “bene” e “male” e ottime descrizioni dei luoghi e delle atmosfere. La differenza fra questo romanzo ed uno, per esempio, della saga di Ramses (che ha venduto qualcosa come 35 milioni di copie nel mondo) è che qui sappiamo bene che quell’uomo dal carattere difficile, ostinato, poco incline alla diplomazia e alla presenza dell’umanità in generale, non è un’invenzione del romanziere, bensì una realtà storica.
Il libro parte raccontando l’incontro (casuale) fra Carter e l’egittologia che avvenne grazie alle sue doti artistiche ereditate dal padre. Eccellente acquerellista, Carter, incontra l’egittologo Percy Newberry grazie ad una conoscenza altolocata del padre. Lo studioso lo raccomanda come disegnatore per una spedizione in Egitto finanziata dal British Museum: Carter avrebbe seguito gli scavi e riprodotto fedelmente disegni, paesaggi e oggetti che sarebbero emersi dalle sabbie del deserto. Ed è così che inizia la lunghissima strada che lo porterà ad una carriera incredibile in pochissimi anni, distrutta in pochi istanti a causa di una rissa con alcuni turisti francesi, e poi ricostruita, passo dopo passo affondando nella sabbia, fino ad arrivare a quel gradino in pietra che segnalava l’ingresso alla tomba intatta del faraone Tutankhamon.
Nel romanzo sentiamo la violenza del desiderio di Carter, la sua ostinazione e il suo dolore dovuto alla solitudine di chi non cede di un passo per inseguire, a volte anche stolidamente, il suo sogno. Quella tomba lo aspettava e lui la aspettò: 15 anni di scavi finanziati da Lord Carnarvon, personaggio fondamentale della storia, furono coronati ad un passo dalla loro definitiva conclusione da un successo che non ha mai più avuto eguali nella storia. Quella del faraone bambino, infatti, è ancora ad oggi l’unica tomba reale non depredata che sia mai stata scoperta in Egitto.
Ma com’è questo libro?
In questo romanzo troverete molta passione e anche molta avventura ma in particolar modo sentirete Christian Jacq tifare per Carter pur riconoscendone anche i lati peggiori, quelli che lo portarono a perdere tutto e a rischiare di non ottenere nulla. Non è un romanzo “raffinato”, ma in generale la scrittura di Jacq non lo è nel suo ciclo dedicato all’Egitto (cosa ben diversa è il suo stile nella serie di romanzi gialli scritti sotto lo pseudonimo di J. B. Livingstone) ma è pieno di cuore come lo è questa vicenda pazzesca che supera di gran lunga qualsiasi immaginazione narrativa. Carter e Lord Carnarvon hanno vissuto un’epopea vera di quelle che raramente ci vedono protagonisti come donne e uomini su questa Terra. Carter ha cambiato il modo di fare archeologia con un approccio rigoroso che veniva però osteggiato dai grandi egittologi dell’epoca. Carnarvon ha creduto in Carter ed è stato un grande uomo di marketing: è grazie a lui e alla sua idea di vendere l’esclusiva della scoperta al Times che la tomba del faraone bambino è diventata una mania mondiale.
Se amate i romanzi d’avventura, le grandi storie e i personaggi che possono muovere in voi la speranza che esista un mondo in cui chi si impegna, a volte, viene ripagato per la sua tenacia, questo libro fa per voi.