Un libro del 1944 ci permette un piccolo viaggio in un incontro speciale che sembra il condensato della storia del giallo mondiale.
Quello che vedete nelle due foto che aprono questo articolo è un volume molto particolare e piuttosto raro. L’ho cercato parecchio e ho dovuto battagliare non poco con i miei sensi di colpa da “spese pazze per i libri” prima di decidere che ne valeva la pena (ma davvero ci sono casi in cui non è così?).
Siamo nel 1944 e Ellery Queen, ossia il duo di scrittori statunitensi Frederick Dannay e Manfred Bennington Lee, sono all’apice della loro carriera: il loro personaggio, Ellery appunto, è diventato non solo protagonista di decine di racconti e romanzi (più di 40!) ma si è trasformato anche in una rivista letteraria dedicata alle migliori detective stories. L’Ellery Queen magazine approderà anche in Italia, negli anni Cinquanta grazie a Garzanti e poi con Mondadori.
Sono i due cugini, o almeno così raccontano nell’introduzione di questo volume mai tradotto in Italia, ad avere l’idea di raccogliere in un unico volume racconti di grandi autori dell’epoca tutti dedicati in qualche modo a Sherlock Holmes. Il libro infatti ospita trenta omaggi in chiave ironica al detective di Baker Street. “Queste opere sono sintomo di adorazione o, in alcuni casi, di un po’ di invidia” scrivono i due nella prefazione.
Ma oltre ad essere un gioiello per i suoi contenuti (all’interno troviamo anche un brano di Agatha Chrtistie e uno di Mark Twain) questo libro è bellissimo perché racconta di come l’opera di Doyle abbia in qualche modo indicato e aperto la strada alla creazione di Ellery Queen e di come abbia cambiato la vita dei suoi ideatori. Nella prefazione del testo uno dei due cugini, che però non si firma (rimaniamo nel dubbio), spiega il suo primo incontro con Sherlock Holmes.
Poco più che ragazzino il cugino Ellery era spesso afflitto da otite e i suoi ritiri forzati in casa, un giorno, vengono allietati dalla comparsa di un volume della biblioteca del paese: un’edizione della Harper del 1891 che ospita 12 racconti di un autore che in Inghilterra aveva un grande successo: Arthur Conan Doyle.
Il piccolo Ellery non sapeva proprio niente di Sherlock Holmes e un po’ di delusione lo colse guardando l’illustrazione del frontespizio del libro: una scena che immortalava un matrimonio. “Un certo sesto senso mi aiutò però ad andare oltre a quell’immagine scorrendo le pagine dell’indice. Fu lì che lessi ‘Uno scandalo in Boemia’, titolo che non si preannunciava troppo intricato, ma la folgorazione arrivò dopo: ‘La lega dei capelli rossi’, il mio mondo si illuminò di colpo“. Il ragazzo, allora dodicenne, legge tutto il libro in una sola notte: “Quando lo ebbi terminato non ero affatto triste – racconta – piuttosto immensamente grato. Non era una fine, era l’inizio. Avevo bussato piano alla porta di un mondo nuovo e mi era stato concesso di entrare. Davanti a me c’era una lunga strada, anche più lunga di quanto immaginassi. Quella notte seppi di aver letto uno dei più grandi libri che fossero mai stati scritti e anche ora, dopo tanti anni di esperienza editoriale alle spalle, non ho affatto cambiato idea”. Se questa non è una dichiarazione d’amore per Holmes fra le più belle, non saprei come altro definirla.
Ellery bambino racconta di essersi recato la mattina dopo in biblioteca, ancora prima che aprisse, e di aver convinto la attempata bibliotecaria a concedergli la tessera per i libri subito, senza aspettare i canonici tre giorni. A passo rapido il ragazzino cerca lo scaffale dedicato a Doyle e racconta la sua breve delusione nel non aver trovato un’intera parete a lui dedicata: prese tutto quello che c’era e da lì il resto è storia.
I due cugini, lo sappiamo, anni dopo, partecipando quasi per gioco ad un concorso che offriva la pubblicazione di un racconto giallo: vinsero e da lì, il loro personaggio, Ellery Queen che, con un colpo da maestri, divenne anche il loro pseudonimo, divenne una delle figure più deliziose della letteratura gialla americana.
Il primo romanzo con protagonista Ellery? “La poltrona numero 30” (1929) una storia molto bella e che vi permetterà di comprendere da subito se siete o meno dei fan di Ellery (anche se è difficile non esserlo). In breve, Ellery è un giovane scrittore di gialli laureato ad Harvard con un debole per le belle ragazze che, da dilettante molto dotato, aiuta suo padre Richard Queen, ispettore capo della squadra Omicidi della polizia di New York, a risolvere numerosi casi. Ad aiutarli c’è anche il sergente Velie.
La caratteristica dei romanzi è che il lettore ha a disposizione tutti gli elementi per risolvere il caso ed è invitato, in una sorta di rottura della quarta parete in salsa editoriale, a trovare la soluzione prima di Ellery.
Ma torniamo al libro “The misadventures of Sherlock Holmes“: è una raccolta molto divertente e che mette in una luce diversa Holmes che, chiaramente, non viene mai citato direttamente se non con nomi diversi che lo richiamano come “Solar Pons” o “Hermlock Sholmes” etc. Del resto Sherlock con le sue rigidità, il suo carattere a volte brusco, le sue stranezze e il suo ego, è senza dubbio un personaggio che si presta meglio di tanti altri ad essere preso in giro, canzonato e storpiato perché profondamente iconico, leggendario già pochissimi anni dopo la sua nascita, una caratteristica che non è certo concessa a molti personaggi letterari. Quindi, a mio avviso, bisogna godere profondamente degli omaggi, anche in chiave ironica, che sono stati creati con così tanta sapienza da autori di questo calibro: sarà un bagno fresco in altre angolazioni possibili del mito.